presentazione
3. La matrice: Che cos'è il calco

 

La maschera per essere tale ha bisogno di un pieno e di un vuoto; il pieno è l'aspetto esteriore, fruibile da un pubblico, qualsiasi esso sia , teatrale, rituale o di costume; il vuoto è l'interno, l'aspetto visibile dal corpo-maschera ossia da colui che andrà ad indossarla; quella parte costruita in funzione della anatomicità e in funzione di quella struttura viso dove andrà a posizionarsi il carattere

La maschera quindi ha un vuoto che andremo ad analizzare in seguito, e che è anche una delle principali differenziazioni che avremo con il calco. Il calco infatti non ha nessuna affinità con la maschera, non ha un lato esterno che debba essere fruito, non ha un interno concavo per essere indossato, egli è in funzione di un passaggio di immagini, sensazioni, sentimenti da uno stadio larvale ed emotivo allo stadio conclusivo e ricettivo. Questo compito di trasferire e anche di tramandare determinate forme è affidato al calco-matrice, il quale utilizzando legni, plastiche, argille, gessi, fornisce il supporto in positivo delle varie lavorazioni che si andranno a fare poi con il cuoio

Chiaro è che grazie a questa possibilità di riprodurre più personaggi dalla stessa forma utilizzando metodi di lavorazione, colorazione, e tagli differenti, il calco rappresenta anche uno dei mezzi più adatti di reinterpretazione delle maschere da esso ricavate. Ogni attore grazie al calco può scegliere già la maschera che più gli serve o gli si addice, e qui chiedere delle piccole varianti , sia di gusto, sia di comunicato. Il calco trasporta sempre lo stesso personaggio ma si trasforma ogni volta creando poi quelle modifiche che a lungo andare diventano sostanziali. La maschera di Arlecchino infatti , di Pulcinella , di tanti della commedia pur mantenendo nome e funzioni simile , attraversando i secoli si sono sostanzialmente modificate. Basterebbe a confermare questa tesi l'idea che solo il passaggio che hanno affrontato queste due grandi, dalla maschera di demoni, nelle rappresentazioni sacre durante i riti di fertilità che si svolgevano tra gennaio e marzo, ripresi poi dal cristianesimo e tramutato in periodo di carnevale prima della pasqua, in quanto compimento del miracolo della reincarnazione, e quindi di un ciclo della vita che si ripete, ritornano nel mondo con una maschera teatrale con nomi e volti simili ma diversi ( Toschi, 1976). Ne rimane il ricordo e l'immaginario popolare ma in quell' arco di tempo e di secoli di storia si modificano sostanzialmente. Le prime e più antiche sono dimore di spiriti e quindi anatomiche ad essi, le seconde forgiate in un clima di centralità dell'uomo saranno sedi di corpi vivi, tesi a riconoscersi e farsi riconoscere dal pubblico. Il calco in tutto ciò non ha che un ruolo segreto. Il corno che Arlecchino avrebbe avuto rimane nella sua memoria e lo acquisisce nella sua struttura come un ricordo che diviene emblema di quel personaggio. Il naso di Pulcinella e la sua deformazione attesta anche se in epoche successive la stessa cosa: dal calco nascono molte maschere e la vincente di queste modificherà la stesura del calco successivo, unendo calco a maschera e maschera a calco in un processo di assimilazione di tradizione e innovazione. Caratteristiche queste che permettono alla maschera una sopravvivenza che supera i limiti della sua materia. Il calco quindi se pur opera scultorea a tutti gli effetti non è e non potrà mai essere maschera ne quindi un'opera d'arte fine a se stessa. Esso è legato all'elemento maschera, come parte fondamentale ma non unica del processo.